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Il cibo come crossing identitario in un racconto di Igiaba Scego

di MICHELA VALMORI

Nel racconto “Salsicce” di Igiaba Scego, contenuto nella raccolta “Pecore nere” edita da Laterza del 2005 la protagonista tenta di mangiare salsicce per sentirsi più italiana, tuttavia, il momento è intriso di emozioni negative, come disgusto e paura, poiché questo cibo non appartiene all’eredità culturale della protagonista. Invece, è un oggetto intrusivo usato per trasformarla temporaneamente in una persona diversa.

Scego inizia il suo racconto autobiografico riflettendo sull’acquisto fatto: l’anomalia non risiede nell’oggetto acquistato, ma nella persona che lo compra: “Io, io, io in persona. Io, un musulmano sunnita”. Con questa osservazione, la protagonista sottolinea la tensione tra l’oggetto del desiderio, le salsicce, e le aspettative riposte su di lei in quanto donna musulmana, indipendentemente dalla sua cittadinanza. A ricordarle la sua fede religiosa è anche la negoziante Rosetta, che conosce personalmente la protagonista e che, dopo la sua insolita richiesta, le chiede: “Che c’è, tesoro, ti sei convertita? Non era un peccato per te mangiare le salsicce?” Questa domanda mette Igiaba in imbarazzo, inducendola a mentire, dicendo che le salsicce non sono per lei, ma per qualcun altro del quartiere. In questa scena, la negoziante italiana si sente in diritto di chiedere spiegazioni: in altre parole, la donna bianca, presumibilmente romana, esprime i suoi privilegi culturali attraverso questa domanda e mette in evidenza le restrizioni religiose subite da una donna nera in un Paese prevalentemente cristiano.

Non è la prima volta che Igiaba trasgredisce le regole alimentari imposte dalla sua religione, provando vergogna per il cibo che desidera mangiare. Ricorda un episodio d’infanzia in cui, per errore, aveva mangiato carne di maiale, e i suoi genitori le avevano detto di vomitare l’insalata di riso che conteneva pezzi di würstel e sottaceti; addirittura buttarono via la padella in cui il piatto era stato preparato. L’interesse di Igiaba per le salsicce non riguarda il gusto, quanto piuttosto il desiderio di sperimentare i potenziali effetti trasformativi che potrebbero avere su di lei: “Se ingoio queste salsicce una per una, la gente capirà che sono italiana come loro? Esattamente come loro?” In altre parole, comprando le salsicce, Igiaba tenta di negoziare la propria identità e di trasformarsi in una nuova sé. La caccia alle salsicce diventa quindi una forma di trasgressione per sentirsi più vicina alla cultura del Paese in cui è cresciuta: in “Salsicce”, Igiaba cerca di affermarsi attraverso il cibo. Comprando e cercando di mangiare salsicce, Igiaba trasgredisce non solo le regole imposte dalla sua religione, ma anche le imposizioni patriarcali legate alla sua fede. Il suo desiderio di peccare, simile a quello di Eva, ha poco a che fare con l’alimentazione e molto con la necessità di perseguire l’autodeterminazione e stabilire la propria identità. In questa storia, il cibo permette alla protagonista di navigare tra diverse culture, ma, in quanto donna, trova difficile liberarsi dai sistemi patriarcali che intrappolano entrambe le culture, sebbene in modi diversi.

Se il cibo fosse uno strumento potente per stabilire l’identità, mangiando salsicce Igiaba potrebbe metaforicamente confermare la sua italianità e sentirsi più italiana che somala. Facendo ciò, cerca di eliminare il problema che sta vivendo con le impronte digitali: “Forse, mangiando una salsiccia, potrei trasformare i miei polpastrelli neutri in vere impronte digitali ‘Made in Italy’, ma è questo che voglio davvero?” È proprio attraverso questa domanda che la protagonista esprime i suoi dubbi sull’identità complessa. Tuttavia, non riesce a portarsi ad assaggiare le salsicce; decide di cuocerle al vapore, ma non le piacciono né il colore né l’odore. Al primo morso, nonostante i suoi sforzi, vomita. Il rapporto di amore-odio che Igiaba instaura con le salsicce diventa una metafora della sua identità, e la sua incapacità di “digerirle” conferma la sua posizione ambivalente. Si sente parte della cultura italiana, ma teme di cancellare completamente le sue origini somale.

Alla fine, Igiaba decide di non mangiare le salsicce, riconoscendo che questo gesto non risolverebbe i suoi problemi di identità, e gli italiani bianchi continuerebbero a percepirla come un’estranea. Ammette a sé stessa che non può essere né completamente italiana né completamente somala, ma piuttosto un mix delle due culture. “No, sarei la stessa – lo stesso mix – e se questo dà fastidio a qualcuno, non me ne fregherà niente in futuro!” In “Salsicce”, Igiaba non riesce a risolvere il dilemma della sua identità complessa, né italiana né somala, ma cerca di negoziarlo attraverso il cibo. Il cibo è uno strumento di comunicazione per eccellenza per affermare un’identità situata tra culture; è anche un potente strumento per esprimere le emozioni centrali nella storia di Scego. Rifiutare le salsicce è un atto di accettazione delle origini somale di Igiaba, ma allo stesso tempo, acquistarle con coraggio rivela un tentativo di risolvere i suoi problemi identitari e affermare un’identità italiana.

Durante un’intervista per Radio 3, la protagonista e autrice ha affermato: “Sono romana, ma non sono sicura del resto. Non mi piace scegliere tra le mie identità. Mi sento di appartenere alla generazione di confine, alla generazione del crocevia. Uno è tutto e il suo contrario, italiano e somalo o qualcos’altro che va oltre la cittadinanza”. Questo conferma che la sua doppia identità esiste e convive, nonostante le sfide complesse e sfaccettate che incontra.

In copertina: illustrazione di Massimo Carulli

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